I ministri israeliani Smotrich e Ben Gvir persone “non grate” in Slovenia

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I ministri israeliani Smotrich e Ben Gvir persone “non grate” in Slovenia

I ministri israeliani Smotrich e Ben Gvir persone “non grate” in Slovenia

La Slovenia ha annunciato una misura senza precedenti nell’Unione Europea: il divieto di ingresso nel Paese per due ministri dell'estrema destra del governo israeliano. “Persone non grate” sono Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze, e Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale. Questa decisione è stata motivata dalle autorità slovene con l’accusa di incitamento alla violenza estrema e di aver commesso gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi attraverso le loro "dichiarazioni genocide". Questa mossa rappresenta un punto di svolta nelle relazioni tra Slovenia e Israele e riflette una crescente tensione internazionale legata alle politiche israeliane nei territori palestinesi occupati, in particolare a Gaza e in Cisgiordania.

La ministra slovena degli Esteri, Tanja Fajon, ha spiegato in un comunicato che la decisione è un modo per esercitare pressione sull'esecutivo israeliano, dopo l'incontro dei ministri degli Esteri dell'Ue. Il primo ministro sloveno, Robert Golob, aveva infatti annunciato che Lubiana avrebbe agito in solitaria in mancanza di un accordo a livello comunitario.

Sanzioni contro Ben-Gvir e Smotrich sono già state adottate a metà giugno da Canada, Australia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Norvegia, anche se nella dichiarazione congiunta dei cinque Paesi viene menzionato l'incitamento alla violenza contro i palestinesi in Cisgiordania, senza però citare Gaza. Nel comunicato della ministra Fajon si parla di pulizia etnica in corso in Cisgiordania e a Gaza, azioni che sono in contraddizione con il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del luglio dello scorso anno sulle politiche e le pratiche di Israele nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme.

Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich

Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich (ansa)

Le dichiarazioni dei due ministri israeliani

Smotrich ha dichiarato nel 2025 “Gaza sarà completamente distrutta” e si è opposto all’ingresso di qualsiasi aiuto umanitario, sostenendo che la fame di massa potrebbe essere giustificata per ottenere la liberazione degli ostaggi. Ha anche difeso l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania, dichiarando su X che “la Gran Bretagna ha già tentato una volta di impedirci di insediare la culla della nostra patria, e non le permetteremo di farlo di nuovo”.

Ben-Gvir ha chiesto la “fuoriuscita permanente” dei palestinesi da Gaza e ha incitato i coloni a usare la violenza nei territori occupati, sostenendo che “non dovrebbe rimanere neanche un palestinese”. Le sue posizioni sono state definite da alcuni accademici, come Eva Illouz (sociologa franco israeliana), come un esempio di “fascismo ebraico”.

Entrambi i ministri sono noti per il loro fanatismo religioso e per il loro sostegno alla colonizzazione della Cisgiordania e di Gaza, territori considerati occupati illegalmente da Israele secondo il diritto internazionale. Le loro posizioni hanno contribuito a polarizzare ulteriormente il dibattito politico in Israele e a intensificare le critiche internazionali.

Queste dichiarazioni hanno attirato l’attenzione di diversi governi e organizzazioni internazionali. Il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha descritto le loro affermazioni come “mostruose” e a sua volta ha accusato i due ministri di incitare alla violenza estremista e di violare i diritti umani dei palestinesi.

Ben Gvir visita il complesso di Al Aqsa

Ben Gvir visita il complesso di Al Aqsa (Reuters)

16/09/2024

La posizione dell’Europa

A maggio i Paesi Bassi, storico partner di Israele, hanno chiamato a raccolta gli altri governi e l'esecutivo Ue per valutare l'attivazione dell'articolo 2 dell'accordo di associazione - che vincola i rapporti bilaterali al rispetto dei diritti umani e dei principi democratici - come reazione al blocco degli aiuti a Gaza. Una proposta sposata nel complesso da 17 Paesi, guidati - oltre che dall'Olanda - da Spagna, Francia, Irlanda e Slovenia. Un'operazione delicata, un "esercizio" - nella definizione dell'Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la sicurezza Kaja Kallas - che non punta a sospendere il trattato siglato nel 2000, ma propone di congelarne il piano d'azione, stoppando di fatto la cooperazione. Un segnale forte anche sul piano economico: l'accordo è alla base di una relazione commerciale da oltre 46 miliardi di euro.

La mossa però a qualcuno non è piaciuta e tre Paesi, in particolare, si sono smarcati: Italia, Germania e Ungheria. E, con toni più sfumati, anche Austria, Ungheria e Repubblica Ceca.

E alla fine, il 15 luglio l'Unione europea ha deciso di non sospende l'accordo di Associazione Ue-Israele: non è passata la proposta di Kallas di adottare - tutto o in parte - un documento contenente dieci opzioni per azioni contro Israele - a partire dalla sospensione dell'accordo di Associazione stesso - accusato di violare il diritto internazionale nella Striscia di Gaza. Nessuna delle opzioni - tra cui la sospensione dei pilastri commerciali e/o di ricerca preferenziali, un embargo sulle armi, sanzioni dirette contro i ministri israeliani, la sospensione del regime di viaggi senza visto per i cittadini israeliani nell'Unione europea e il divieto di commercio con gli insediamenti israeliani - ha ottenuto il sostegno necessario dei ministri degli Esteri, ossia l'unanimità. A conclusione del Consiglio Affari esteri, Kallas ha assicurato che l'Ue "continuerà a monitorare la situazione dell'aiuto umanitario ogni due settimane".

La Slovenia ha deciso dunque di segnare una svolta significativa, rompendo il tabù Ue di sanzionare membri di un governo alleato come quello israeliano. Un percorso che potrebbe essere seguito da altri Paesi.

Rai News 24

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